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Claudia Goldin: Premio Nobel per l'economia 2023

La storica economica ed economista del lavoro americana, oltre ad essere la prima donna ad aver ottenuto una cattedra di economia ad Harvard, è oggi la terza donna a ricevere il Premio Nobel per l'economia.



Il premio rappresenta un'ottima notizia per gli studi di genere in ambito economico.

Tra i diversi ambiti di approfondimento di Goldin spicca quello relativo al gender pay gap,

ovvero il gap salariale esistente per genere a parità di livello contrattuale.


Ma quando diciamo che gli uomini guadagnano di più delle donne, cosa intendiamo?

Innanzitutto i dati europei ed italiani ci dicono che l’indicatore denominato “GPG” (gender pay gap) in Italia si attesta su un 5% (dato ISTAT 2018) a sfavore del mondo femminile, mentre in Europa lo stesso è attorno al 15% (dato EUROSTAT 2018).

Eppure il divario reale nel 2018 in Italia è risultato pari al 43% contro il 36,7% dell’UE.

Come è possibile?

Per capirlo è necessario prendere in considerazione diversi indicatori.


Gli indicatori che aiutano a capire

Per misurare le effettive differenze esistenti fra uomini e donne in riferimento ai redditi da lavoro vanno fatti alcuni ragionamenti utilizzando degli indicatori ad hoc, che vadano a cogliere anche le reali dicotomie esistenti nel contesto sociale in cui ci troviamo, come ad esempio il fatto che molte donne non sono presenti nel mercato del lavoro e quindi non producono reddito, o che molte di loro lavorano per meno tempo rispetto agli uomini in quanto spesso occupate anche in altre attività non remunerative.

Innanzitutto, per apprezzare meglio il peso del “GPG” è necessario considerare se le eventuali differenze nelle retribuzioni siano attribuite a donne e uomini con stesse caratteristiche economiche (livello di istruzione, esperienza, settore di occupazione, ecc.) oppure no.

Nel secondo caso possiamo infatti parlare di effettiva discriminazione o disuguaglianza, mentre nel primo abbiamo dei fattori che “spiegano” la diversità di trattamento.

Ecco allora che andando a scomporre l’indicatore GPG cosiddetto “grezzo” in parte “spiegata” e parte “non spiegata”, in una ricerca effettuata da Eurostat vediamo che nel 2014 la disuguaglianza salariale caratterizza tutti i paesi europei e in particolare in Italia, il GPG “corretto” è addirittura il doppio di quello “grezzo”: le italiane risultano nello specifico favorite per quanto attiene il livello di istruzione, ma decisamente sfavorite per quanto attiene ai settori di attività in cui sono inserite (meno remunerativi) e al fatto che scelgono spesso il part time.

Va osservato poi che considerare il solo dato espresso dal GPG non ci fa apprezzare il divario effettivo in quanto il reddito conseguito dipende anche dal numero di ore lavorate.

Per questo possiamo innanzitutto considerare il “GHG" (Gender hours Gap) che misura invece il divario esistente tra le ore medie mensili lavorate dai due generi: il differenziale nel 2018 in Italia è pari al 18%, contro una media UE del 12%.

Per individuare meglio il differenziale esistente nei redditi medi prodotti da uomini e donne risulta molto utile considerare il “GOEG” (Gender Overall Earnings Gap), che aggrega tre indicatori fondamentali, ovvero il gap salariale orario (GPG), il gap relativo alle ore lavorate (GHG) e il gap esistente nei tassi di occupazione femminile e maschile (GEG), pari quest’ultimo a circa il 20% in Italia e a poco più del 10% in EU.

Come anticipato sopra, nel 2018 il GOEG in Italia è risultato pari al 43% contro il 36,7% dell’UE.

GPG tra discriminazioni remunerative e scelte di partecipazione

Da quanto riportato sopra si evince chiaramente che nell’esaminare la situazione, bisogna tenere in considerazione, oltre a possibili discriminazioni remunerative (ben individuate dal GPG), anche le scelte di partecipazione che sono influenzate da molti fattori tra cui preferenze individuali, vincoli, condizioni del mercato del lavoro.








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